Lettura: GLI ANNI IN CUI NON SIAMO STATI DA NESSUNA PARTE

GLI ANNI IN CUI NON SIAMO STATI DA NESSUN PARTE di Massimo Tanzillo (Scatole Parlanti, ed. febbraio 2024) è solo apparentemente un libro semplice e leggero. E’, invece, un libro forte, un libro che parla di vite, sia quelle dei migranti che affrontano rischi inenarrabili e viaggi estenuanti nella speranza di una vita migliore, sia quelle degli operatori nell’ambito dell’accoglienza, come lo scrittore, che donano quella speranza, anche quando da donare o da offrire pare ci sia rimasto ben poco. Ed inevitabilmente entrano in gioco la delusione ed il senso di impotenza negli operatori che – come appunto l’autore – fanno dell’accoglienza una ragione di vita e vi si dedicano anima e corpo, perché sanno che quella speranza potrebbe trasformarsi in realtà, se lo si volesse davvero.

L’accoglienza non si improvvisa, è una cosa seria e come tale andrebbe presa, ma al di là delle belle parole e dell’impegno di molti, delle idee e dei sogni di alcuni, dei condizionamenti sociali, delle differenze culturali e degli ostacoli inevitabili ma sormontabili, c’è purtroppo la mancanza di volontà di fare quanto si dovrebbe e si potrebbe fare ai fini di una possibile e reale integrazione (ed interazione), ci sono in alcuni casi la gestione discutibile dei fondi destinati a progetti per migranti, ci sono l’interruzione forzata e lo sgombero coatto di alcune strutture, c’è a volte un clima ostile, e molto altro.

Massimo Tanzillo è un sociologo che ama ciò che fa e sa di cosa parla. In questo testo, scritto in modo pungente ed ironico, egli parla in chiave introspettiva del fenomeno migratorio e racconta la sua personale esperienza nel mondo dell’accoglienza con lo scopo sì di ridurre gli stereotipi che ruotano attorno al mondo dell’immigrazione, ma anche al fine di porre in evidenza il rapporto esistente fra dominanti e dominati e sulle effettive dinamiche disarmoniche e sproporzionate che si innescano in questi due mondi.

E non a caso l’autore cita spesso Pierre Bourdieu, perchè è proprio in opere come “La misère du monde” che troviamo, in parte, informazioni sullo stato di marginalità, disoccupazione, precarietà e disuguaglianza in cui vive una parte della popolazione (e certamente gli immigrati, in larghissima misura, ancora oggi anche da noi) e su come, inevitabilmente, tale stato di degrado sociale e materiale non possa che condurre, in molti casi, a sfruttamento e prevaricazione con ulteriore penalizzazione sociale, e anche violenza, in forme diverse.

E se lo scopo di Bourdieu nell’opera citata è quello di sollecitare la classe dirigente (i dominanti) a mettere in atto politiche che forniscano reali risposte alle esigenze di chi è costretto a subire le conseguenze di tali disuguaglianze (i dominati), in questo testo l’autore va persino oltre quasi scherzando sugli stereotipi legati agli immigrati, prendendosi e prendendoli amorevolmente in giro ed evidenziando le carenze del sistema che portano proprio a ciò che si vorrebbe e si dovrebbe evitare. Perché al di là di qualsivoglia slogan propagandistico, è incontrovertibile che sia possibile costruire un rapporto positivo tra immigrazione e sicurezza soltanto se si riuscirà in primis a vedere gli immigrati come persone uguali a noi e non come “potenziali delinquenti” o “coloro che ci rubano il lavoro” e se verrà messa in atto una effettiva promozione del lavoro degli immigrati nell’ambito dell’economia legale e non sommersa del nostro Paese, attuando progetti e percorsi scolastici e formativi ai fini dell’inserimento socio-lavorativo.

Contestualmente, questo non è scritto ma sottinteso, è necessario sensibilizzare la cittadinanza alle tematiche legate all’accoglienza ed educarla alla bellezza dell’incontro con l’altro, non più visto come entità astratta, come forestiero e come diverso, bensì come persona umana con la sua identità, la sua dignità, le sue fragilità e le sue potenzialità e, quindi, come proprio simile. Così sarà possibile spingerci verso la vera scommessa del nostro tempo, ossia l’interazione – che è molto di più della semplice integrazione (attraverso la quale ora inevitabilmente si passa) – che prevede reciprocità e scambio e conseguentemente arricchimento e crescita per tutti, anziché un rapporto asimmetrico in cui, come detto sopra, uno domina (il soggetto che integra) ed uno è dominato (il soggetto che viene integrato).

In un futuro non troppo lontano noi speriamo che questa sfida possa essere vinta.

Arianna Ballotta
Presidente
Coalizione Italiana contro la pena di morte

https://www.ibs.it/anni-in-cui-non-siamo-libro-massimo-tanzillo/e/9788832816907

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