L’incubo si è avverato. Personalmente pensavo non sarebbe accaduto. Mi auguravo che avrebbe prevalso il buonsenso. Credevo che – trattandosi di un metodo mai sperimentato prima sugli umani, metodo peraltro bandito dalle associazioni veterinarie statunitensi come mezzo per l’abbattimento di animali, a causa delle atroci sofferenze ad esso legate, considerate “tortura” – l’Alabama avrebbe desistito e/o che un qualche tribunale superiore sarebbe intervenuto ed avrebbe concesso una sospensione fermando così le mani del boia.

Invece no.

Esaurite tutte le vie legali, respinto anche l’ultimo ricorso alla Corte Suprema, rigettata la richiesta di grazia in extremis alla governatrice dell’Alabama, alle 19:00 ora locale – le 2 di notte italiane – nel carcere di Atmore sono iniziate le procedure finali. I testimoni sono stati condotti nella sala accanto a quella dell’esecuzione e si è dato il via al macabro spettacolo, con buona pace anche di quei membri dell’Onu che avevano sollevato parere sfavorevole considerando questo metodo inutilmente «umiliante e doloroso».

Il condannato Kenneth Eugene Smith, come da protocollo, è stato legato ben stretto sul letto della morte e sul suo volto è stata fissata una maschera che gli ha coperto naso e bocca. Poco dopo da quella maschera è iniziato a fluire azoto puro a pressione, in modo che i polmoni di Smith non potessero assorbire ossigeno. Alle 20:25, un’ora e venticinque minuti dopo l’inizio dell’iter, Smith – 59 anni, di cui 34 trascorsi nel braccio della morte – è stato dichiarato morto (tecnicamente ucciso da asfissia), dopo ben 22 minuti di agonia.

Lo Stato dell’Alabama ci aveva già provato oltre un anno fa ad uccidere Smith tramite iniezione letale. Andò male e l’esecuzione si trasformò in tortura nel tentativo degli gli operatori di trovare vene adeguate ad inserire gli appositi cateteri. Gli trafissero mani e braccia per più di un’ora, ma non ci riuscirono e dovettero sospendere l’esecuzione.

Questa volta, ce l’hanno fatta.

Che fosse colpevole poco conta. Quando lo Stato uccide legalmente per dimostrare che uccidere è sbagliato, e lo fa a sangue freddo, dopo anni e anni di detenzione in condizioni deplorevoli, e in ultimo addirittura sceglie di utilizzare metodi tanto cruenti, si pone allo stesso livello di un qualsiasi criminale.

Siamo con la comunità internazionale che si oppone alla barbarie della pena di morte ovunque e comunque applicata. Ma temiamo fortemente che questo metodo di esecuzione tramite azoto possa, per dirla con Mario Marazziti, esponente della Comunità di Sant’Egidio e cofondatore della World Coalition Against the Death Penalty, “fissare un nuovo standard di disumanità nel mondo”.

L’appello lanciato dalla Sant’Egidio per impedire l’esecuzione di Smith, insieme a quello di molte altre associazioni che operano in difesa dei diritti umani nel mondo, purtroppo non è servito a fermare questo orrore e lo Stato dell’Alabama si è macchiato di “una vergogna indelebile, entrando nella storia per questo barbaro primato”, ha spiegato Mazzariti, ricordando come “proprio in questo Stato partirono le grandi campagne per la conquista dei diritti civili negli anni ’60 guidate da Martin Luther King. Qui ci fu lo sciopero dei bus dopo la protesta di Rosa Parks, la marcia di Selma”.

Proviamo a nostra volta vergogna e molto dolore. Davvero possiamo considerarci una società civile?

Appoggiamo la Comunità di Sant’Egidio nell’invito al boicottaggio economico dello Stato dell’Alabama “perché ogni soldo italiano o europeo impiegato in Alabama andrà a vantaggio di un sistema che ritiene tale esecuzione un fatto normale. E tutto ciò va contro le politiche italiane e europee per fermare la pena di morte nel mondo”. Quindi “l’Italia, l’Europa, ma anche le imprese dovrebbero protestare, disincentivando il turismo, gli investimenti, insomma indebolendo i rapporti economici con questo Stato”.

In questa lotta ci trovate in prima linea, uniti e compatti.

Sperando che serva.

Arianna Ballotta, Presidente, unitamente all’intero Direttivo della Coalizione Italiana contro la Pena di Morte Onlus

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